Recensione: L’amore al fiume, di Ezio Sinigaglia, Wojtek, 2023 by Marisa Salabelle

L’amore al fiume, nuovissimo libro di Ezio Sinigaglia, è una raccolta di sei racconti che si intrecciano e sfociano l’uno nell’altro. L’opera è ambientata in un campo estivo di bersaglieri, in un’epoca imprecisata ma che immagino situarsi intorno agli anni ’70 del Novecento, quando la naja era obbligatoria e coscritti di ogni regione si trovavano riuniti in nome del servizio alla Patria. Qualcosa che piacerebbe molto al ministro Salvini o al presidente del Senato La Russa, che vorrebbero ripristinare il servizio militare obbligatorio: ma non gli piacerebbe più, io penso, se scoprissero come passano il tempo, le ore libere e quelle di guardia, i bersaglieri del battaglione Crimea durante il campo estivo. Fate l’amore, non fate la guerra: penso che questo celebre slogan si attagli perfettamente al tema trattato nel libro di Sinigaglia, che l’amore ce l’ha già nel titolo. I sei racconti sono infatti una girandola di amori, platonici o passionali, teneri e feroci, confessati o meno, che sbocciano tra i giovani militi: vuoi perché qualcuno abbia determinate inclinazioni, o per solitudine e bisogno di affetto, per la nostalgia della fidanzata, e persino nel caso del nerboruto Gian Cristoforo Cecconi che mai in vita sua avrebbe pensato di cedere alla seduzione di un commilitone e di trovarci tanto gusto. Che siano esili come efebi o dei gran marcantoni, chiari di pelle e di capelli o neri come il carbone, i giovani protagonisti sono dipinti da una mano delicata e affettuosa, che ne elogia le meraviglie fisiche e psicologiche, la finezza di alcuni e la grossolanità di altri, le acrobazie dell’uno degne del Kamasutra e il ruvido vigore dell’altro. Esilaranti come sempre sono gli scritti di Sinigaglia, ma anche romantici e teneri al punto giusto, questi racconti godono poi della straordinaria abilità linguistica dell’autore, che si sbizzarrisce nei dialetti di mezza Italia (una sola osservazione, Ezio: manca il sardo. Per uno che vive a Cagliari è grave…). Ci si diverte molto, ci si immedesima in questi ragazzotti e nelle loro pene d’amore, si ride alle loro goffaggini e si ammirano le loro prodezze, ma la qualità principale di questo libriccino, a mio giudizio, sta nel fatto che proprio mentre sono costretti a esercitazioni belliche, si addestrano per eventuali futuri conflitti e imparano le tecniche di morte, i ragazzi di Sinigaglia  dedicano tutti i loro pensieri e le loro energie a un ben diverso tipo di combattimento, quello amoroso. Fate l’amore, non fate la guerra, dunque, ed è bello che questo eccezionale scrittore continui a ricordarcelo.

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