Traslocare libri, traslocare cultura. By Teresio Bianchessi

Ho lasciato dopo oltre quarant’anni la casa dove ho trascorso un tratto fondamentale della mia vita reso felice dalla presenza di tre figli: Marina, Silvia, Andrea e per un decennio anche da quella di nonno Marino e di “Chicca” la nostra affettuosissima cagnolina.
Ci siamo stati a lungo e bene tutti, poi piano piano ognuno si è incamminato sul proprio sentiero della vita, così Luisa ed io ci siamo accomodati serenamente in un’altra casa, tutta su un piano, confortevole e adatta a questa nostra nuova stagione.
Quando le fatiche sono alle spalle si dimenticano, è vero, ma quando ripensiamo a quei momenti ricordiamo perfettamente quanto sia stato impegnativo, ma ora, qui, dal mio studio, mi piace ricordare il trasloco della biblioteca, iniziata come ovvio, col rimuovere ed inscatolare tutti i volumi.
Li ho accarezzati uno ad uno e mentre li deponevo assicuravo loro che avrebbero ritrovato stesso posto, anche nella nuova casa, sempre a fianco del loro vicino e per evitare sbagli e rassicurarli ulteriormente, ho appiccicato vistose etichette che recitavano: libri mansarda mensola grande quarto ripiano… libri mansarda mensola piccola primo ripiano… libri d’arte e rilegati… libri antichi… libri mobile sala… libri stanzetta e così via giungendo al risultato di ben 47 scatoloni sparsi ovunque in casa.
Al traslocatore li ho affidati come se stessi mandando in colonia marina i figli; gli addetti, glielo leggevo negli occhi, smoccolavano per quel trasloco atipico, dove la maggior fatica, era rappresentata da… libri!
A metà pomeriggio tutto è arrivato a destinazione e, ovviamente, la priorità è stata data alla cucina, alla camera da letto, al salone… i libri, nonostante la mia smania, dovevano attendere anche e soprattutto, perché la libreria ancora non c’era.
Complicato, infatti, è stato progettarla e convincere l’architetto che necessitavo di almeno 30 metri lineari di scaffale ma non standard, bensì con profondità ed altezze diverse perché i miei “bambini” non erano tutti uguali; alla fine ci si è capiti e una volta montata, il risultato è stato davvero apprezzabile e finalmente ho potuto iniziare a ricollocarli.
I “bambini” tornavano dalla colonia, erano stati assenti quasi un mese e la frenesia di rivederli, riabbracciarli, mi ha fatto dimenticare la logica dell’ordine così li ho riposti subito, se pur alla rinfusa, sugli scaffali.
Per giorni li ho rimirati e mi son sembrati scolari che nell’intervallo, o in assenza degli insegnanti, facevano chiasso in palestra rendendo impossibile identificare quelli della classe prima piuttosto che quelli della classe quinta, tanta era la confusione anarchica e gioiosa.
Con calma li ho richiamati tutti all’ordine: prima accorpata tutta la “Storica Bur”,
collana economica, copertina grigia elegante, cento o duecento lire ai tempi, ora preziosa per la presenza di autori minori e opere minori di autori famosi che nessun editore si degna più di pubblicare, tantissimi libricini che purtroppo ho dovuto doppiare sulla mensola; è toccato poi alla poesia, ben tornato Auden, Yeats, Eliot, Willmans, Apollinaire, Lorca,  ma anche Ovidio, Pavese, Ungaretti, Pasolini, Majakovskij, ben tornato anche a Pascoli colpevolmente trascurato nel centenario della morte.
Ora la narrativa italiana e straniera, così nei ripiani finiscono le opere con dedica dei tanti scrittori che ho avuto il privilegio, per professione, di incontrare: Montanelli, Smith, Follett, Sveva Casati, Tamaro, Cussler, Coelho, Pontiggia, Sparks, Pederiali, Doyle, Calasso.… e dopo di loro spazio ai localismi, mio segreto amore, libri delle mie terre padane ma non solo, c’è posto per “La campagna Romana” opera completa in sei volumi ambita dai collezionisti, anche per l’opera introvabile in due volumi “Il lavoro dei contadini” dello svizzero Paul Scheurmeier edito dalla Longanesi nel lontano 1980 che documenta una ricerca iniziata nel 1919 e finita nel 1935 e che lascia memoria fotografica di lavori, costumi, credenze, attrezzi di lavoro di quella cultura contadina ora scomparsa e rimpianta.
Impegnativo mettere ordine nell’angolo dei libri per ragazzi, parzialmente già saccheggiato dai nipotini, perché questi bimbi sono snelli, grassocci, quadrati, corti, lunghi e indisciplinati, scivolano, vogliono scappar via.
Più ragionevole la saggistica, la politica, i dizionari, mentre i libri d’arte, in particolare quelli dell’editore Franco Maria Ricci richiedono più attenzione e là dove gli scaffali s’intersecano nelle due pareti, dò casa ai libri antichi.
I fuori formato? Non molti ma ahimè ce ne sono, libri illustrati di monti e mari, ma anche di città: Venezia, Roma, Pisa, Amalfi… loro non possono che finire sugli ampi ripiani dei mobili del salone insieme a tomi del “700” rilegati con pelle di bue tirata.
Una volta riportati tutti i “librialunni” nelle loro classi di competenza ho iniziato un appello mnemonico e visuale che mi ha però da subito angosciato perché all’appello mancavano una edizione speciale del “Decameron” edito nel 1969 da Longanesi ricco di 124 illustrazioni di Guido Somaré oltre a “I poteri della parola” di René Daumal che pubblicò Adelphi nei suoi primissimi anni di vita e una rarità delle Edizioni Lord Chiffel: “La partenza del crociato” di Giovanni Visconti Venosta, quello per intendercidella ballata che tanto mi divertiva: “Passa un giorno, passa l’altro / Mai non torna il nostro Anselmo / Perché egli era molto scaltro / Andò in guerra,e mise l’elmo / Mise l’elmo sulla testa / Per non farsi troppo mal / E partì la lancia in resta / A cavallo d’un caval”, testo con belle illustrazioni di Aldo Mazza.
Non ci ho dormito per giorni, dove s’erano cacciate queste tre giovani pesti?
Guardavo e riguardavo, muovevo e rispostavo, ma forse, complice la stanchezza del trasloco, non mi riusciva di scovarli.
Per primo saltò fuori la Ballata, volume piccino, 43 pagine con copertina gialla, si era confuso con i libri per bambini, poi il Decameron che con la sua copertina grigia, anonima e senza dicitura sul dorso si era accucciato fra i dizionari e per ultimo Dumas, accomodatosi tra le copertine discrete dei localismi… che sollievo, finalmente erano tutti a casa!
Ora che ho più tempo me li godo, taluni mi accompagnano da oltre 40 anni e salutandoli, accarezzandoli, ripercorro le stagioni culturali nelle quali sono cresciuto: il periodo postbellico, il boom, il sessantotto, gli anni di piombo, il femminismo, le crisi energetiche. Ora la globalizzazione, l’intelligenza artificiale, il metaverso e le letture sui nuovi temi stanno gonfiando le celle della libreria fino al punto di iniziare a debordare.
Mentre ultimavo questo ricordo è entrata in studio mia moglie chiedendomi dove avevo messo il cavetto per caricare il suo Kindle (ne posseggo da tempo uno anch’io ma dopo l’entusiasmo iniziale sono ritornato al cartaceo) e la richiesta mi ha fatto riflettere come in futuro, vista la “smaterializzazione” che caratterizza questi nostri tempi, (basti pensare alla musica), il trasloco della propria biblioteca avverrà semplicemente ricordandosi di… prendere su il Kindle.
Al sol udire questa ipotesi la libreria ha cominciato a fremere, il legno a scricchiolare, la carta a frusciare, mi sono avvicinato ai miei “bambini” cercando di rincuorarli con una dolce carezza.


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