Assenza di segnale by Daniele Baron

In quell’istante la porta si spalancò. La nebbia cancellava i contorni della strada, un’aria gelida lo investiva alle spalle. “Finalmente!” pensò e si ricordò subito di come avesse desiderato che la sua vita fosse un semplice abbandono: non pretendeva molto, avrebbe voluto essere uno come tutti gli altri. E invece l’ombra lo aveva incalzato ad ogni passo, l’immagine che gli rifletteva lo specchio era sempre deformata, non vi si riconosceva quasi. Ora, allietato dal sottofondo del brusio del televisore, abbagliato dal buio di quella visione, non attendeva più, non voleva più ostinarsi e resistere, sorseggiava la sua bevanda gialla come il sole. Senza pensieri attendeva l’attimo in cui avrebbe finito con l’essere come lo sfarfallio argentato di assenza di segnale su uno schermo. Beveva e beveva. Sentiva la notte fluire dentro di lui, si sentiva trasformato in animale, in pianta, in una stella, in un continente, in una folla, era quasi felice e sereno – e finalmente, in quell’istante destinato a non finire, comprese la menzogna di Dio e dell’Uomo, capì che la possibilità di una nuova nascita passa necessariamente attraverso il tramonto di tutto. Non lottava più, era così dolce ora lasciarsi andare, frangersi come un’onda sulla battigia. Lui non c’era più, svanito nella luce di quell’intuizione. C’era soltanto più il suo ricordo.


[ BlogLink : Daniele Baron ]

Un commento

Lascia un commento