Aurelienne – A wolf at the door (Radiohead)

Io a questa festa non ci volevo venire e per giunta Clarissa ha dato indicazioni precise sull’invito arrivato giovedì scorso: Total white e bei sorrisi!

Io non sorrido mai. Quando ci provo mi spunta un ghigno sinistro e poi ho i denti sottili, quasi come zanne. Già non volevo essere qui e mi tocca fingere una serenità d’animo che sarà ancora più irraggiungibile vista la schiera di analcolici che campeggiano sul patio. Torno indietro? O mi schianto di lungo distruggendo la schiera di nani da giardino messi a guardia sotto la finestra di Clarissa? Ho sempre odiato quei nani. Spioni dei suoi sogni e incubi. Guardoni di ogni sua prima volta. Chissà chi li avrà voluti questi bastardi di merda. Ci saranno anche al matrimonio con Nicola?

Nicola il medievale cacciatore di animali piccoli e innocui. Posso quasi vederlo il giorno delle nozze con una testa di coniglio mozzata al collo e i miei ex suoceri a urlare:

– BRAVO NICOLAAAA TU SEI UN VERO UOMO! CON UNA PASSIONE! BRAVOOOOO!!!

Clarissa ha proprio la sua bella favola del cazzo.

Busso alla porta:

– 1, 2, 3 porcellino porcellino…

Quasi scoppio a ridere quando ad aprirmi la porta è la sorella, considerata da tutto il paese una “maialina”. Oggi ha due figli che le tirano gonna e capelli, non c’è più niente di sexy in lei.

– Ah, sei riuscito a venire.

– Non me lo sarei perso per niente al mondo.

Falso. Potevo restarmene a casa. Non avrei però visto la principessa Clarissa scendere con i suoi lunghi capelli neri a incorniciarle la figura, io la guardo solo negli occhi sperando di scorgere un segno di infelicità.

Non c’è.

In compenso ci sono i piedoni e le spallone del cacciatore che sovrastano la sua ombra sottile. I promessi sposi si avvicinano e a esordire è lei:

– Non sei vestito di bianco.

– Beh, per lui è un funerale amore. C’è da capirlo.

Nicola con un gancio di poche parole mi colpisce in mezzo agli occhi e va via. Clarissa per un mezzo secondo sembra ridere della battuta di lui, del mio essere stato vinto.

Dissimulo con un annacquato cocktail all’ananas il mio disagio.

– Potevamo esserci noi.

So dirle solo questo.

– Non avresti mai potuto darmi tutto.

Lo dice accarezzandosi la pancia. Allora d’istinto gliela sfioro, come farebbe un bambino ben attento a non far scoppiare un palloncino: è incinta.

– Avrebbe potuto essere nostro.

So sibilare solo queste parole mentre esco dalla grande porta finestra. Avrebbe potuto essere mio figlio, la mia casa, la mia vita, la mia donna se solo non fossi stato un fallimento come fotografo, amico e uomo. Mi siedo sulla grossa sedia nel giardino e ho di fronte tutti e sette i nani del cazzo. Tiro fuori la pistola.

Avrei voluto uccidere Nicola, invece nell’ordine prima di essere fermato dalle urla faccio fuoco su Dotto, Pisolo e Cucciolo. Il cacciatore mi si para davanti pronto a proteggere le infernali ceramiche e tutto quello che è SUO. Allora scoppio a ridere. Clarissa piange. La sorella ex porcellina tiene le mani sulle faccette dei figli. La mia ex suocera tiene stretto il cadavere di Pisolo.

Io? Mi faccio esplodere un colpo in piena faccia e tante care cose.

Il lupo è uscito di scena da solo, senza l’intervento del prode cacciatore. Hai la tua bella favola amico. Io ti saluto. Facevo bene a restarmene a casa, l’avevo detto e ripetuto che a questa festa non ci volevo venire.

E adesso pulite il sangue, il mio e quello di quei nani bastardi.


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