Adrián N. Bravi, Adelaida by Pina Bertoli

Adelaida, di Adrián N. Bravi, Nutrimenti 2024, pp. 144, libro candidato al Premio Strega e al Premio Campiello

Quelle vite spezzate ora sono nelle tue mani, nei tuoi ricordi, nelle pieghe della creta che modellerai e nei colori dei dipinti che farai, per te stessa ma anche per tutti loro.Pag. 78

Nutrimenti ha pubblicato, all’inizio di quest’anno, nella collana Greenwich Extra – diretta da Giulia Caminito, Paolo Di Paolo, Alessandro Mari – la biografia di Adelaida Gigli scritta da Adrián Bravi. Un libro che si legge come un romanzo, ma anche appunto come una biografia, un memoir dei ricordi di Bravi e del suo rapporto con Adelaida, e financo un saggio sui fermenti culturali dell’opposizione al regime dittatoriale che ha imperato in Argentina.
Bravi ha conosciuto e frequentato assiduamente Adelaida dopo il ritorno in Italia, a Recanati, legandosi a lei con amicizia e ammirazione e divenendone un confidente. Ripercorrendo la vita di questa donna straordinaria, racconta anche gli anni della dittatura in Argentina, dove lui stesso è nato e ha vissuto. Da questo vibrante racconto, emergono in sincrono la vicenda privata e quella di un popolo, l’impegno politico dei più giovani, il fermento culturale, la forza della letteratura argentina.
Bravi ci consegna un ritratto lucido e affettuoso di questa artista anticonformista e brillante, ceramista, scrittrice e giornalista (è insieme al marito, l’intellettuale David Viñas, tra i fondatori della rivista letteraria universitaria Contorno, unica donna in redazione), attivista per i diritti (milita nel Fronte di Liberazione Omosessuale), progressista, divertente e ironica nonostante il suo passato drammatico e doloroso.

“Adelaida Gigli – racconta Bravi – è stata una grandissima artista. Ha attraversato il Novecento di cui ha vissuto i periodi bui. La sua vita potrebbe rappresentare quel secolo e anche l’attuale: ha vissuto l’esilio, il compromesso politico, etico e artistico.”

Il racconto si apre con un primo capitolo drammatico in cui una giovane donna, braccata dai militari che obbediscono al dittatore, tenta invano di sfuggire al suo destino di prigioniera politica. Il più difficile e ultimo atto della sua vita da libera è quello di abbandonare la figlioletta di appena nove mesi nella mani di chi può portarla in salvo. Quella ragazza è la figlia di Adelaida, Mini.
Adelaida ha perso due figli portati via dalla dittatura militare, che si è insediata in Argentina nel 1976; ha perso numerosi amici, è stata costretta all’esilio, prima in Brasile e, dopo un anno e mezzo, nella sua città natale, Recanati. Da dove era partita nel 1927 quando il padre, il pittore Lorenzo Gigli, dopo aver partecipato a due Biennali di Venezia, decise di lasciare l’Italia fascista – per non compromettersi con il regime – e di andare in Argentina.

Ade­laida alla fine degli anni Quaranta è a Buenos Aires e si tuffa nella vita politica e letteraria della città. Insieme al marito David Viñas e ad altri intellettuali, fonda la rivista Contorno, destinata a diventare un punto di riferimento per l’Argentina degli anni Cinquanta, una esperienza dal basso e politicamente schierata con le classi più indigenti, in contrasto con la ricca e altolocata Sur di Victoria Ocampo.
In quegli anni Adelaida ha due figli, Maria Adelaide detta Mini e Lorenzo Ismael, militanti del gruppo rivoluzionario montoneros. Entrambi ‘desaparecidos’, lei nel 1976, lui nel 1980.  Subito dopo il colpo di stato del 1976 e la straziante perdita dei figli, Adelaida è costretta a lasciare l’Argentina per recarsi a Recanati, suo paese natale, dove comincia una nuova vita artistica e personale.

Adelaida Gigli, dopo l’esilio fino a quasi gli ultimi anni di vita, è stata anche una ceramista. Aveva scoperto la ceramica grazie agli indios del Venezuela; creava con le mani una memoria fisica e materica, con cui poteva trattenere con sé la memoria dei morti, i suoi e tutti quelli del suo popolo, tutti quei desaparecidos a cui nemmeno è stata concessa la memoria pubblica o una tomba. Come afferma Bravi:

Non aveva mai avuto una pietra dove piangere i suoi morti e ora temeva che potessero scomparire anche dalla sua testa, ed è per questo, suppongo, che aveva il bisogno imperante di lasciare per iscritto, di proprio pugno, certe cose.

Adelaida modellava e scriveva; la sua stanza era piena di fogli su cui andava annotando pensieri, poesie, diari, che rileggeva e correggeva continuamente, quasi come a non volerli rendere definitivi ma continuamente palpitanti di vita e cambiamento, come accade nelle vite delle persone, che pur essendo sempre sé stesse, continuano a mutare, a reinventarsi, divenendo una stratificazione di esperienze.

La scrittura, come anche la ceramica e la pittura, era il suo scrigno segreto, la sua continuità semantica. Non era un’evasione, cercava la vita attraverso le parole e la creta: una voce nella quale riconoscersi per nascondersi dal trambusto del mondo e per poter parlare con i suoi fantasmi, quelli che l’avevano abbandonata e quelli che si portava addosso. (..) Era l’atto creativo, la ricerca costante di dare un senso al proprio passato, per riconoscerlo nella propria voce, che la spingeva e la teneva in vita.Pag. 121

A Buenos Aires è stata una grande protagonista del dibattito intellettuale e politico dell’epoca, punto di riferimento per molti; testimonianze del suo ruolo centrale si ritrovano in altrettanti saggi e scritti di colleghi e ammiratori, come Bravi descive con precisione nel libro. Nel 2003 la Mole Vanvitelliana di Ancona le ha inoltre dedicato una grande mostra, forse la più completa sul lavoro dell’artista: è stata una delle ultime uscite pubbliche e consapevoli di Gigli, prima che la malattia, l’Alzheimer, prendesse il sopravvento e prima della sua scomparsa nel 2010.

Adelaida e il marito David Viñas

Le parole interrotte
i sentieri scomparsi
nulla può fermare la mano
che incide la storia.

Adrián Bravi

QUI potete leggere l’incipit del libro.
QUI trovate un bell’archivio fotografico.

Adrián N. Bravi è nato a Buenos Aires e lì ha vissuto fino alla fine degli anni ’80, quando si è trasferito in Italia per proseguire gli studi in filosofia. Laureato all’Università degli Studi di Macerata, oggi ci lavora come bibliotecario. Nel 1999 ha esordito come narratore in lingua spagnola ma poi ha scelto di scrivere in italiano. Tra i suoi romanzi: La pelusa (Nottetempo, 2007), Sud 1982 (Nottetempo, 2008), Il riporto (Nottetempo, 2011) finalista al Premio Comisso 2012, L’albero e la vacca (Feltrinelli, 2013) vincitore del Premio Bergamo 2014, L’idioma di Casilda Moreira (Exòrma, 2019), Il levitatore (Quodlibet, 2020), Verde Eldorado (Nutrimenti, 2022). I suoi libri sono stati tradotti in inglese, francese, spagnolo e arabo.

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