Mamma ti guarda by Federica Mangano

L’ho visto fare per la prima volta da mia sorella. Il rumore del motore dell’aereo sovrastava qualsiasi suono. Eravamo una di fianco all’altra: lei vicino al finestrino e poi io seduta in mezzo, tra lei e mamma. A dividerci dal posto assegnato a papà solo il sedere di una hostess con i capelli color platino. Più la sua bocca dipinta di rosso continuava a emettere istruzioni da seguire in caso di emergenza, più io mi ritrovavo a stringere le mie dita intorno al ginocchio di mia sorella. Lì, in mezzo all’odore di pneumatico e all’aria condizionata sparata a palla, ho visto mia sorella staccarsi le pellicine per la prima volta. Esistevano solo le sue mani per me. Ci ho provato anche io, pensando che così mi sarei distratta dalla brioches al pistacchio che mi stava risalendo insieme al latte. Mi hanno fissato anche le sue pupille allargate e muovendo le labbra, senza far uscire alcun suono, mi ha detto: «mamma ti guarda». 

Oggi sto viaggiando da sola, di fianco a me non c’è nessuno. Mi infilo le cuffie, mi tolgo la mascherina e mi disinfetto le mani con l’amuchina. Sento bruciare. Sento stringere all’altezza dello sterno, quando l’igienizzante si infila fino all’angolo dell’unghia del pollice destro. Odore di bagno delle donne in autogrill. Appena sfrego il polpastrello dell’indice sul rossore della stessa mano, il lembo della mia pelle si alza. Allora infilo l’unghia in quel pezzo di carne. La tiro fingendo di non sapere. Mamma ti guarda, mi ripeto, come fosse una litania. Potrei spingermi più giù, tirarla fino alla nocca. Mamma ti guarda. Provo a fermarmi. L’aria entra nella ferita e l’amuchina sprofonda sotto pelle. Ritorno all’odore di pneumatico. Stacco ciò che rimane della mia cuticola. Mamma ti guarda. Se continuo ad ascoltare la musica, non proverò più nulla, anestetizzata dall’acido che mi si forma in bocca. Ora sì, mamma mi guarda. Sento i conati risalire, a terra i rimasugli della mia brioches al pistacchio e del latte.

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