Immaginare / Mappare il viaggio, il tempo, le voci

By Gianluca Mantoani

“Sono particolarmente legata alla nozione di “poesia civile”, alla possibilità che chiunque possa essere un “poeta civile”, l’idea che il poeta civile sia qualcuno che prende possesso della propria parola e parla alla comunità, alla collettività, perché è consapevole del fatto che la parola soggettiva è anche una parola collettiva, il suo discorso soggettivo è un discorso collettivo.”

Sono parole di Bouchra Kalili un’artista visuale, franco-marocchina, nata a Casablanca nel 1975 e formatasi fra Francia e Marocco. Kalili è una performer, una cineasta, una fotografa, una narratrice di storie. Ma soprattutto è una studiosa che si dedica alla costruzione di strategie narrative comunitarie e multidisciplinari, allo scopo di restituire il senso dell’appartenenza, della cittadinanza, della dignità civile a comunità o parti di comunità che ne vengono escluse. Fa questo lavoro raccogliendo testimonianze, immagini, oggetti, registrazioni e cucendo assieme i materiali e le voci diverse. Ne vengono fuori voci di sopravvivenza, di resistenza e anche di disobbedienza. Voci che prendono suono e si fanno documento, voci che raramente non arrivano ad essere voce. Quelli che Edwin Ardener chiamava “muted group”

Intorno alle parole la costruzione narrativa si condensa su grumi di materia e di tempo, su tessuti, su voci registrate, su memorie, su mappe. La poesia civile, suggerisce Bouchra Kalili è un percorso che non esiste se non come resoconto delle tracce che lascia, come fa il viandante di Machado. La voce individuale è documento di un percorso collettivo. Ma questa voce necessita di una cassa armonica materica, documentale, di una pluralità di punti di vista, di testimoni e di documenti. Così la voce diventa documento collettivo e il documento traccia una storia.

Lascia un commento