Greta Rosso – Les parapluies de Cherbourg

1
Avercelo
un bell’operaio in tuta blu
con le dita sporche di grasso di giunto omocinetico
e i riccioli agghindati quanto basta
per controllarmi l’avviamento.
2
Dirsi ti amo
in una qualche banalissima maniera
sotto una pensilina o nei pressi di una pasticceria
sarebbe così perfetto da sconfinare
nel vuoto della noia
eppure darei il dito mignolo
per una cosuccia così adorabile.
3
Forse la felicità mi rende triste
per quanto stupido sia.
4
Un dancing assai sgargiante
dove comunicare ad alta voce, con serenità,
alle amiche
che serve qualcosa alla gioia
la qual cosa è un corpo caldo
e una voce che resista.
5
(Non dovrei ricordarlo
che su queste fondamenta pure solide
nessuno ha mai parlato di futuro
nemmeno un pochino)
6
Quell’abisso imperscrutabile
fra coloro che combattono per ciò che non hanno
e coloro che non combattono per ciò che hanno.
7
Scivolano via
come l’olio
nei piatti
che nessuno ha potuto terminare.
8
Fuori
profili accecanti sulle mura
ascoltano le promesse
fluorescenti come un peccato mai commesso.
9
Quanti strappi si possono tollerare?
10
Ah, il silenzio, il silenzio criminale
maliardo e ingannevole
che ci svena di un gelo senza fuochi
e si estende, si estende come un cancro
con i suoi effetti morali e ormonali e tutti così fisici
da spennarci
da ingravidarci di disastri
soprattutto quando lo impartiamo
soprattutto quando lo subiamo.
11
Fino alla fine del mondo
per non dimenticare.
12
Alla guerra
dove lui è
mentre quell’altra sua parte le lievita
in grembo.
Sull’orlo dell’errore
stazioniamo sempre
specialmente ci depone lì
con leggerezza
la felicità quando esplode.
13
Come fare.
Come, come fare.
Ché la fuori impazza il carnevale
e nessuno risorgerà
sufficientemente presto.
14
(Quindi
dovresti domandarti
cerchi un uomo
o un ombrello?)
15
Perché l’assenza è così dura da sopportare
un pasto povero
che lascia la fame intatta
sale sulle scale e le fa tremare
attraversa i confini solo per rimbalzare indietro
smonta le maniglie
non lascia scampo
taglia col filo di ruggine
e infine ci sbeffeggia, ogni giorno,
spaccando l’ora più vuota.
16
Quindi potrebbero esservi risposte
che è meglio non dare
che dare male.
Quelle risposte
date da un dolore che urla
e che si preferisce zittire
strozzare piano nell’ingombranza del non detto
del non risposto o del mal riposto.
17
Ci sono assenze irrisolte
che determinano le nostre assenze
in un modo o nell’altro
la ripetizione non giova
ma sussiste.
18
Se restassimo presenti
a noi stessi.
Se restassimo presenti.
oh, se:
È bastato
deciderlo.


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