Il dolore del dolore by Giusy Di Maio

Una paziente mi chiese quando un dolore cominciasse a fare meno dolore; quando -in sostanza- avrebbe cominciato a sentire “come una volta” il piacere dell’abbraccio, il calore sul viso, il profumo di un fiore.

L’esperienza dolorosa è devastante poiché per quanto condivisa è sempre prima di tutto nel silenzio del proprio mondo interno che avvertiamo il senso devastante del dolore.

Il dolore può essere prettamente psicogeno o organico; può accompagnarsi o essere accompagnato da una specifica patologia o essere la spia di una psicopatologia.

Il dolore ha il tempo del dolore; un tempo che richiede la nostra piena attenzione e volontà.

Attenzione per se stessi, il proprio mondo interno, la propria storia personale scevri dal giudizio personale che vuole etichettare la nostra stessa storia.

Capita sempre di più (e anche qui, l’epoca social molto fa) che le persone decidano di darsi una etichetta psicodiagnostica e che si barrichino dietro questa definizione.

Ciascuno è -ovviamente- libero di vivere la propria condizione dolorosa con la delicatezza che più sente rispettosa verso il proprio processo di costruzione di sé ma va anche detto che la psicologia ha fatto tantissimo, negli anni, per distaccarsi dalla medicalizzazione del disagio psicologico arrivando -ad esempio- all’importantissima diagnosi funzionale dove più che parlare di deficit e “aspetti che non funzionano” si punta e di fa leva, lavorandoci, sviluppandole ulteriormente e valorizzando le aree funzionali della persona stessa che in questo modo, non è vista come solo “depressa, ansiosa, anoressica, disgrafica”.

Il tempo del dolore è quel tempo che serve per viaggiare tra, dentro, intorno, sopra, sotto, di fianco nel/al dolore stesso. Questo tempo terminerà quando la condizione originaria che portava il dolore stesso (la perdita, la malattia, etc..) non farà più così paura o dolore ma sarà seme per ricominciare o proseguire.

Il lutto di una persona cara, del nostro animale domestico, cesseranno di far dolore quando avremo la forza per guardare un certo oggetto o ripensare a quella cosa (ricordo, evento) senza abbandonarci più a lacrime continue ma quando quel ricordo renderà lucidi sì gli occhi, ma riuscirà ad aprire a nuove possibilità.

“Prendiamo un nuovo cane?/ Ho deciso di accettare quell’appuntamento/ Nonna faccio le polpette come le facevi tu! e che successo la cena con gli amici!”

Il tempo non ci è nemico a patto di riuscire a danzare insieme a lui (che siamo o meno, bravi ballerini!)

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