
Appoggia l’abito alla sedia, prima di aprire le porte al sogno
mi regala uno specchio, che riflette il suo
non ha nessun pudore, come gli angeli o una sposa
mi dà il bianco della neve e come neve inizia a volteggiare.
Potrebbe avere gli anni miei, quelli spensierati della giovinezza
perchè in quello specchio il tempo non ha più valore
eppure cresce il desiderio e sembra antico come il mondo
mentre continua le sue acrobazie di femmina archetipa.
Dà una vertigine che non è mai per senso di vuoto
forse è per troppa gioia abusiva
oppure per uno sprofondare nelle pieghe con cui gioca e tamburella con le dita.
Quello che so è che vorrei che non finisse mai il gioco
e che lo specchio fosse un lago e i tondi seni e i fianchi onde in cui bagnarsi
onde d’acqua dolce e chiara che si può anche bere
per togliere arsura e sete e il corpo rinfrescare.
Quello che so è che tutti i giorni vorrei dei sogni belli così
a dispetto di quello che diceva che sogni così non ritornano più.