La figlia di Cartesio: l’automa Francine (3) By Luisa Zambrotta

Blog di Luisa

Fu la passione di Descartes per la meccanica, unita alla prostrazione per la morte della figlia Francine, che lo spinse a costruirne una replica meccanica, molto somigliante, che fu gettata in mare dai marinai terrorizzati durante il viaggio che avrebbe condotto il filosofo in Svezia.

Tuttavia l’idea del padre addolorato che cerca di consolarsi dopo la morte della sua bambina viaggiando con una bambola fabbricata a sua immagine è contraddetta da alcuni studiosi secondo i quali non ci fu mai una Francine in carne e ossa, ma solo un automa, la cui ideazione potrebbe essere avvenuta domenica 15 ottobre 1634, quello che il matematico confida a un amico essere stato il giorno “del concepimento”. Un’informazione matematicamente precisa! O si trattava dell’eccezionalità di un (unico) rapporto, forse per avviare uno studio scientifico oppure si riferiva al concepimento di una grande idea.

Sappiamo che secondo il filosofo l’uomo era un insieme di ‘res cogitans’ e ‘res extensa’, vale a dire di sostanza pensante e sostanza fisica. Il corpo non era nient’altro che un meccanismo ben preciso e definito, che nell’uomo veniva affiancato dalla capacità di autocoscienza.
Nel suo “Trattato sull’uomo”, pubblicato dopo la morte, si trova il confronto tra un corpo umano e un’ipotetica “statua o macchina”, funzionanti come un orologio o una fontana idraulica. Le ossa, i muscoli e gli organi sono paragonabili e rimpiazzabili con pulegge, pistoni e camme. Negli appunti che ci sono arrivati il matematico parla della costruzione di un uomo danzante su di una corda, e si dice che avesse progettato altre complesse creazioni meccaniche, come un uomo che ballava, un piccione che volava e uno spaniel che inseguiva un fagiano.

La bambola Francine quindi poteva essere stata costruita come esperimento o semplicemente come compagnia.
Il nome le derivava da quello dei fratelli Francini, italiani, creatori delle raffinate macchine idrauliche che abbellivano i giardini del castello reale di Saint-Germain-en-Laye. Questi erano collegati alla Senna tramite una serie di grandi terrazze, ognuna delle quali conteneva fontane, bacini idrici e grotte al cui interno si potevano ammirare meravigliose creature animate.
C’era un congegno dall’aspetto di una fanciulla seduta di spalle intenta a suonare l’organo, c’era un albero pieno di uccellini meccanici che cantavano in modo delizioso. Gli ospiti strabiliati potevano anche ammirare una statua di Mercurio che soffiava in una conchiglia e persino un drago che sbatteva le ali.

In quel periodo in cui Cartesio sosteneva che animali ed esseri umani, ad eccezione della capacità di ragionare di questi ultimi, erano macchine, non solo Parigi ma varie le città d’Europa brulicavano di automi.
Si menziona un artigiano francese, un certo Camus, che aveva costruito per Luigi XIV allora bambino, un cocchio in miniatura, e cavalli con fanti e una signora nella vettura, tutti dotati di un movimento realistico e perfetto.
Nel secolo seguente, per avvalorare la tesi cartesiana che gli animali non sono altro che macchine biologiche un inventore francese costruì addirittura un’anatra meccanica digeritrice, che dava l’illusione di nutrirsi e defecare.

Da ultimo, un’ulteriore teoria un po’ più pruriginosa sostiene che lo scienziato avesse costruito una macchina “da diletto e da meraviglia” solo per goderne della piacevole compagnia, una specie di bambola del sesso, una ”bonne amie” che si portava sempre appresso. La storia dell’automa in cui rivedeva la figlia forse era stata creata solo per salvargli la reputazione.

Image. This dulcimer-playing automaton from the 1770s, attributed to clockmaker Joseph Möllinger, mimics human movements to play eight compositions. Credit: M.S. Rau Antiques, New Orleans

Nota:

La figlia di Cartesio (1)
La figlia di Cartesio: Francine Descartes (2)

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